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Fanfara Sezionale – Le origini

La Fanfara Alpina

Archeologia: la prima Fanfara Alpina Valtellinese (anni '50)

Nel ’52 si animò una Fanfara Alpina voluta tenacemente da Gino Azzola per dar lustro agli alpini ed alla città di Sondrio che in quel periodo lamentò un vuoto musicale per le difficoltà operative della Banda Cittadina. Già nel ’44 operò la “Fanfara del 18° Comando Militare Provinciale”, un complesso di 70-80 elementi che però si sciolse all’indomani della Liberazione. Il duo Azzola – Menegon si prodigò per dotare la Fanfara dell’essenziale; dal comune di Sondrio ricevette in consegna i primi 22 strumenti, furono poi integrati da una cornetta e 4 clarini Orsi, degli spartiti e delle ance della Tito Belati di Perugia, del tessuto per migliorare l’acustica della sala prove fornito dal Cot. Fossati, del tavolame per il palco del debutto fornito da Domenico Carini.
Riprendiamo dalla pubblicazione di Giancarlo Bianchi “Quasi due secoli di vita cittadina attraverso la storia della Banda di Sondrio” alcuni interessanti frammenti di storia della Fanfara Alpina. L’istruzione degli allievi fu affidata dapprima ad Angelo Locatelli (detto “Tor”) quindi ad Andrea Passuello, maresciallo del Distretto Militare, poi a Silvio Ronconi e infine a Bruno Vecchi; maestro del Complesso fu Enrico Nobili. Curioso e faceto, come si conviene a un buon alpino, il messaggio firmato “Caporale di Giornata”, che così recita:
“… Menegon vuole finire tesseramento et dice che la sera dalle 20 alte 21 bisogna andare alla sede di via Lavizzari et pagare la quota. Dottori, industriali, segretari comunali, capelée, esattori et via dicendo sono tutti impegnati a soffiare in ottoni sassofoni et clarini. Altra sorpresa: presto una fanfara et sottoscritto stufo stufento andrà a fare sessantuno tresette (sic) o quattro raggi assieme Martin Trippi et mons. Pellegrino. Prossima settimana esorterò veci, bocia, uomini, donne vecchi et bambini andare sentire 40 coristi 40 che canteranno a più voci almeno 10 canzoni alpine. Adesso basta”.
La sala di prova, sita al 1° piano del Palazzo Sassi imboccando la scala destra del cortile interno, presenta (e così sarà per le future sedi del complesso per molti anni ancora) problemi di acustica: è per tale motivo che il dottor Felice Fossati, titolare dell’omonimo Cotonificio, dona 35 metri di tela juta per correggerne l’acustica.
Non mancano, in un ambiente di alpini, anche se pochi lo sono “di fatto”, le bravate e gli scherzi di cui vittima sono sempre le stesse persone.
Ricorda chi scrive, per aver vissuto quei momenti nei primi anni di approccio all’attività bandistica, che nella campana del basso di Balducci venivano sistematicamente introdotte le cose più strane: stracci, bottigliette, tappi, persino un topo, morto ovviamente! E questi a lamentarsi, sempre, che il basso era “muto”, che non si poteva suonare, fino a quando non scopriva il “misfatto”; e allora rideva, come rise quando scoprì che gli avevano messo nella campana, capovolto ma pieno del prezioso nettare, un fiaschette di buon vino. Questi, per rifarsi dello scherzo, prese a tracannarne il contenuto. Il vino, d’altro canto, non mancava mai in sala di prova. Fra le panche erano disseminati litri, quartini, mezzi litri, persino una pinta! E a tutti gli allievi veniva detto che non si diventava buoni suonatori se non si imparava a bere il vino: era un rito “iniziatico ” a cui pochi sfuggivano! Il vino era il “carburante” un po’per tutti.
A Locatelli (“Tor”come già detto), perché suonasse ancora meglio, veniva addirittura…versato nella campana del saxofono barìtono! Bruno Vecchi amava raccontare barzellette e fare burle di ogni genere, già prerogativa del resto di suo padre Guido, a suo tempo che i componenti sfogavano in sala di prova dopo una giornata di lavoro e, per questo, si lasciava un po’ correre sia da parte del maestro, sia da parte del presidente.
La nuova formazione, in occasione della festa del 1°maggio, partecipa all’inaugurazione della lapide attualmente posta sulla parete della piazzetta che da sulla via Vittorio Veneto antistante il Palazzo del Governo.
La lapide reca la seguente scritta:

AL COSPETTO DEI MONTI E DEL CIELO
RIVIVANO NEI MEMORI CUORI VALTELLINESI
I CADUTI DEL LAVORO
PIONIERI DELL’AVVENIRE
MILITI DEL PACIFICO ESERCITO
CHE CEMENTA COL SUDORE E COL SANGUE
L’AUSPICATA FRATELLANZA FRA I POPOLI

Sez. A.N.M.I.L. 19-3-1952

Fanfara e Coro si recano poi a Tirano, a Tresivio e a Teglio.
In quest’ultima località si inaugura in Luglio, alla presenza del Ministro Ezio Vanoni, il “Vivaio forestale Besta”, nell’ambito della festa della montagna. Lo stesso mese, finalmente, la Fanfara effettua la sua prima uscita con un concerto in piazza Garibaldi a suon di marce e di valzer (viennesi, s’intende), sino all’esaurimento del proprio repertorio. Dirige il gruppo il maestro Enrico Nobili.
Si cambia nel frattempo la sede: questa è ora ubicata al piano terra del palazzo Sassi, a ridosso del lato nord-ovest del cortile interno. Dopo la tradizionale cena di Santa Cecilia, tenuta presso il ristorante “da Chicco”, il corpo musicale saluta il 1953 con un messaggio augurale rivolto alla popolazione, fato che si ripeterà puntualmente tutti gli anni fino ai nostri giorni. Lo stesso anno, con verbale del 12 maggio, viene nominato maestro della Fanfara Martino Pontiggia che dirige contemporaneamente la Filarmonica di Morbegno e che inizia l’attività il 17 settembre successivo. Lo assiste, con le funzioni di vice maestro, il solerte e bravo Enrico Nobili che purtroppo di lì a poco (22 luglio 1954) muore di infarto. Negli anni successivi la “Fanfara “, che così continua a chiamarsi nonostante la presenza dei clarinetti, celebra due avvenimenti storici: il decennale della Resistenza (1955) e I’11 “anniversario della Battaglia di Nikolajewka (1954). Il decennale della Resistenza, che si svolge in forma solenne nel Capoluogo, vede la fusione, in un unico corpo, delle bande e fanfare di Valfurva, di Sondalo e di Sondrio, quasi a dimostrare, almeno in nome della musica, quella coesione e fratellanza fra gli uomini che sarebbe così necessaria anche in senso più generale. Il censore di turno fa osservare infastidito, a proposito della presenza di bandiere rosse, “come non si riesca proprio mai a mantenere fede agli impegni presi che quando si dice che bandiere di parte non se ne portano, non se ne debbono portare”.
Il Complesso, sul finire dell’anno 1955 ricevette un contributo di L. 150.000 dal comune di Sondrio, quale riconoscimento per l’attività prestata. Tra i giovanissimi componenti della Fanfara Alpina, il Ferry, al secolo Ferruccio Scala, popolare ed arguta firma del giornalismo valtellinese, in diversi numeri di Valtellina Alpina tratteggiò con il suo inconfondibile stile volti, personaggi, situazioni ed esperienze vissute dentro il complesso musicale che ci appaiono ancor oggi come i film del neorealismo, in bianconero: una stagione di irripetibile umanità.

Tratto da “Sotto il Cappello – Ottant’anni della Sezione”

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