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Memoria e Medaglie

Gennaio è mese della Memoria, è mese delle Medaglie.

Medaglie conferite a Internati Militari Italiani, ossia a coloro che, dopo l’8 settembre 1943, sono stati catturati, trasferiti in campi di concentramento ed impiegati al lavoro coatto nelle fabbriche e nelle fattorie tedesche.

 

Tra il 30 dicembre 2010 e l’11 Gennaio 2011 sono state consegnate, con cerimonie organizzate dalla Prefettura di Sondrio e presso i Comuni di Mandamento Chiavenna (45), Morbegno (65), Sondrio (80), Tirano (68), Bormio (29) e Livigno (1) 288 Medaglie ad altrettanti cittadini “valtellinesi” che furono “schiavi di Hitler”.

Ieri, 27 gennaio, giorno della Memoria, a Sondrio, in Prefettura si sono consegnate altre 8 Medaglie ad altrettanti Internati.

Il 27 gennaio 2009 per la prima volta ne erano state conferite 6, il 17 novembre 2009 altre 6, poi il 2 giugno 2010 altre 7 ed ancora il 27 gennaio 2010 altre 17, di cui una ritirata a Roma, dalle mani del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

Complessivamente sono state conferite 332 Medaglie a Internati o loro familiari.

“La tradizionale consegna delle medaglie d’onore ai cittadini italiani, residenti nel mandamento, deportati ed internati nei lager nazisti ha ricevuto quest’anno la giusta enfasi per il numero degli insigniti, ben 80…” ha scritto Nello Colombo su Il Giorno riportando la cronaca della cerimonia tenutasi a Sondrio il 4 gennaio 2011.

Né il tradizionale né la giusta enfasi possono dar rilievo a queste cerimonie dense si di commozione ma nelle quali è ben ravvisabile l’ipocrisia di Stato.

Uno Stato che in 66 anni non ha saputo ricordare, onorare, risarcire questi protagonisti e testimoni.

Che lo fa ora, lodevolmente per quanto attiene alle cerimonie organizzate dalle Prefetture, ma censurabili per le molte negligenze compiute e per il tumulto di sentimenti che ancora ne scaturiscono.

Il commento severo nasce da una ricostruzione sicuramente frettolosa ma emblematica.

“….Il governo tedesco aveva già risarcito quello italiano negli anni Sessanta senza che agli Internati giungesse alcunché. ” racconta Pierluigi Zenoni il sindacalista della Spi Cgil che si è prodigato nella raccolta delle documentazioni e nella presentazione delle domande risarcitorie a fronte dell’indennizzo economico stabilito dalla Repubblica Federale Tedesca  tramite l’istituzione di un’apposita fondazione “Memoria, Responsabilità e Futuro” nel 1996.

Nessun internato italiano ha potuto beneficiare di tale risarcimento, da 1000 a 8000 € in quanto la Germania ha ribadito: già dato.

Rileggiamo quanto scrisse Clemente Rocca su Valtellina Alpina settembre 1998.

II quotidiano “La Repubblica” del 3 luglio 1996 titolava un suo trafiletto

GLI SCHIAVI DI HITLER POTRANNO FAR CAUSA.

Ed ancora SI DELLA CORTE COSTITUZIONALE TEDESCA Al RISARCIMENTI.

In esso veniva adombrata la possibilità per gli ex Italiani Militari Internati impiegati dai tedeschi nelle fabbriche durante la guerra, di chiedere risarcimenti per il lavoro ad essi imposto in condizioni schiavistiche.

Sono ormai trascorsi due anni e nessun commento o chiarimento è apparso in merito sulle riviste, rassegne, bollettini e notiziari del settore Italiani Militari Internati.

L’indennizzo a titolo di riparazione morale concesso ai militari italiani deportati nei campi di concentramento ed ai lavoratori non volontari di cui all’accordo del 2.6.1961 tramutato nel D.P.R. del 6.10.1963 n° 2043 precluderà o meno la possibilità di chiedere oggi alle aziende tedesche sopravvissute o al governo di Bonn il risarcimento in esame?

La riparazione morale è stata concessa a tutti gli internati in Germania.

L’odierno risarcimento riguarda solo coloro che subirono danni fisici irreversibili a causa dello sfruttamento e delle disumane condizioni sopportate nelle ditte tedesche nel biennio 1943-1945.

Ma interpretazione giuridica a parte la cosa più difficile sarà documentare con prove scritte (Ausweis) la permanenza quale lavoratore coatto presso la tal fabbrica o ditta tedesca.

Non solo, la tarda età degli aventi diritto oggi ultrasettantacinquenni e la necessità di una competente assistenza legale renderà l’impresa ancor più difficile.

Tra gli Italiani Militari Internati non mancano avvocati di grido, magistrati, notai, nonché uomini politici ma anch’essi finora hanno brillato solo per indifferenza e mancanza di solidarietà.

Associazioni quali quelle dei deportati civili, politici, razziali dedicano lungo spazio ai problemi giuridici, economici dei loro deportati e ne assumono le difese.

In Germania fummo senza la protezione della Croce Rossa, ignorati dal legittimo governo del Sud Italia.

Ancora una volta e questa volta in Patria gli Italiani Militari Internati sono abbandonati a se stessi.

 

All’amarezza delle parole posso testimoniare quella degli sguardi.

Chi non ricorda come le aspettative generate negli Internati di un riconoscimento simbolico, morale prima ancora che economico, che restituisse Memoria alle loro sofferenze riempissero gli occhi buoni di Emilio De Simoni, di Giovanni Barri, Carmelino Oberti,… di trepidazione e commozione.

Per coloro che pur vessati dalle richieste di produrre le documentazioni sono riusciti a recuperarle ed affidarle, tramite associazioni d’arma, di categoria e di volontariato, allo Spi Cgil che ha costituito un corposo, seppur parziale e largamente incompleto dossier, è stato possibile inoltrare le istanze scritte presentate da 700 deportati in Germania.

Altri nel più completo oblio sono rimasti silenziosi e silenziosamente sono deceduti.

Dopo un altro decennio di attese – e tanti altri protagonisti deceduti – si è arrivati al 2009 con l’inizio della consegna delle Medaglie.

Si può contrapporre la contenuta soddisfazione degli Internati o familiari “medagliati” all’amarezza di quanti ancora l’attendono?

Altri 368 in Valtellina, varie migliaia in Italia ancora in attesa.

Molti di più di quanti ai quali lo Stato la Medaglia l’ha già consegnata.

Per anagrafe, condizioni di salute e inaccettabile ritardo con la storia si dovrebbe far presto, prestissimo.

Se questa consegna invece vuol rispondere al tradizionale momento celebrativo della Memoria si perpetua l’ennesima beffa a quanti non hanno più voce ma sentimenti vivi, non chiedono ma aspettano.

Senza alcuna giusta enfasi.

 

Ma se il tardivo decidere e l’inaccettabile lentezza nel procedere suscita sentimento di biasimo ancor più si legge l’ipocrisia di Stato nel metodo adottato per censire quanti Internati potessero godere di questo riconoscimento.

Per decenni, finché si è sospesa la leva, si sarebbe potuto fruire di annoiati furieri a setacciare fogli matricolari in Distretti Militari e Archivi Ministeriali.

Con la fine della naja, venuta meno questa risorsa, nel volontariato ma soprattutto in oziosi detenuti si sarebbe dovuto attingere per recuperare un ordinato, completo ed esaustivo elenco di IMI.

Per farne Memoria.

Ci si è invece affidati ad appassionati e volonterosi associati ANA, Coldiretti, Sindacato Pensionati che, ancorchè dotati di buona volontà, capacità professionali e genuino spirito di servizio, hanno operato in condizioni complesse e sfavorevoli a questa meritoria opera di raccolta documentazioni.

Ma i numeri parlano, ed alimentano legittimi risentimenti e malevoli commenti degli esclusi.

E finché uno rimane escluso non s’è fatto Memoria.

La Medaglia onora chi l’ha sofferta ed attesa ma non lo Stato che la conferisce.

 

 

Per ulteriori info sull’argomento invito a leggere la raccolta articoli di Mento Rocca su Valtellina Alpina

Siti web

www.anavaltellinese.it

www.vaol.it

www.altarezianews.it

www.schiavidihitler.it

Documenti di “Mento” Rocca su Valtellina Alpina

I.M.I. – da Valtellina Alpina – Settembre 1998

In un paese civile – da Valtellina Alpina – Giugno 2000

Il riconoscimento, un dovere morale – da Valtellina Alpina – Settembre 2000

Le ultime sugli I.M.I. – da Valtellina Alpina – Dicembre 2001

 

 

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