QUALCHE CONSIDERAZIONE SUL 150° IN CASA NOSTRA
QUALCHE CONSIDERAZIONE SUL 150° IN CASA NOSTRA
Note di Piero Camanni
Oggi, 7 gennaio 2011, il Presidente Napolitano ha dato il via alle celebrazioni per i 150 anni dell’unità d’Italia; lo ha fatto a Reggio Emilia, città che ha dato i natali alla Bandiera nazionale.
Seguiranno altri innumerevoli eventi celebrativi; per noi, Alpini Valtellinesi e Valchiavennaschi in congedo, lo ha precisato il Presidente Leali nel suo messaggio di fine anno riportato sul Valtellina Alpina del dicembre 2010: “ Grandi appuntamenti ci attendono anche per il 2011 che ormai intravediamo all’orizzonte e che idealmente sarà di profondo significato per i festeggiamenti, ai quali non intendiamo rinunciare, per il 150° dell’Unità d’Italia che massimamente ricorderemo a maggio a Torino, nella città che fu la prima capitale del Regno d’Italia”.
Sebbene si respiri aria partitica di indifferenza e forse anche di ostilità, ragioni storiche, sentimenti maturati con la nostra cultura del Risorgimento ed il vezzo consolidato in ogni nostra cerimonia incorniceranno di retorica grandi e piccoli appuntamenti anche dell’ANA Valtellinese; l’Inno Nazionale, ben richiamato e commentato sul medesimo numero di Valtellina Alpina da Cherubino Pinoli, sarà suonato e cantato anche in ogni angolo della nostra Provincia.
Richiamo proprio la lettera di una strofa dell’Inno……Noi siam da secoli calpesti e derisi, perché non siam popolo, perché siam divisi …… per dar ingresso a qualche considerazione storica sulla nostra terra, sulla nostra gente alla vigilia dell’Unità d’Italia.
L’ultimo decennio a ridosso del 1861 fu disastroso per l’economia valtellinese:
la diffusione della crittogama nelle culture a vigneto, culture frammentate in innumerevoli piccole particelle improduttive, portarono ad azzerare il reddito della coltivazione del vigneto.
La classe dirigente locale fu costituita da esponenti del liberalismo moderato (mi riferisco alle famiglie Caimi, Bonfadini, Visconti Venosta, Longoni, Quadrio, Basci, Rainoldi ecc.ecc.), proprietari terrieri i cui redditi non furono il frutto di un’attività imprenditoriale di investimenti, ma essenzialmente rendite agrarie assicurate dal duro lavoro del contadino legato al proprietario in forza dei contratti livellari.
Grossolani errori di stima compiuti nella redazione del nuovo censo, a cura della dominazione austriaca, crearono sproporzionati oneri tributari che la gente Valtellinese e della Valchiavenna fu nell’assoluta impossibilità di pagare.
L’atrofia dei bozzoli mise in crisi le filande della bassa Valtellina.
Il disastroso diboscamento causato principalmente da frane ed alluvioni mise in crisi la pastorizia.
Il susseguirsi di epidemie causò centinaia di morti ed enormi disagi e sofferenze fra la popolazione già in ginocchio per le predette considerazioni economiche.
Si scrisse che la condizione della proprietà nella Valtellina formava “ un quadro così spaventoso che invano si cercherebbe l’eguale in tutta Europa”.
Il tutto giustifica la partecipazione relativamente scarsa ai moti risorgimentali, riservati prevalentemente a personaggi di famiglie nobili ed agiate che, grazie ai loro privilegi, riuscivano a superare i problemi drammatici della sussistenza e della sopravvivenza.
Mi riferisco a Luigi Torelli (1810 Villa di Tirano – 1887 Tirano ), Emilio Visconti Venosta ( 1829 Milano – 1914 Grosio), Maurizio Quadrio ( 1800 Chiavenna – 1876 Roma) .
Fu Luigi Torelli, Deputato nel Parlamento subalpino e Governatore in Valtellina dal 1959, a rappresentare al Governo di Torino la drammatica situazione della Valtellina; scrivendo all’amico Bettino Ricasoli, Torelli precisava…Figurati, mio caro, che la miseria è a tal grado di spaventevole eccesso che vi sono centinaia di famiglie che vivono di erba cotta senza sale. Spero che la Provvidenza l’aiuterà facendo cessare il duplice flagello della mancanza del raccolto e della galetta…..Altrimenti non so proprio dove andremo.
Nel maggio del 1959 un manifesto firmato da Emilio Visconti Venosta, commissario regio del generale Garibaldi, annunciò l’annessione della Valtellina agli Stati di S.M. il Re Vitrtorio Emanuele e fu proprio il Governo di Torino ad accettare subito il principio della revisione dell’estimo ed il riordinamento dei debiti comunali ed a stanziare i primi sussidi per il rimboschimento montano; in vero si preoccupò anche perché in Valtellina si costituisse la Guardia Nazionale, sufficientemente armata, trovando nel Governatore Valtellinese pieno consenso; si legge nelle memorie autobiografiche di Luigi Torelli : armar bene il paese ed esercitarsi al tiro, ecco uno scopo che non si doveva mai perdere di vista.
La missione di Luigi Torelli, quale Governatore della Valtellina, lasciò il segno perché al vecchio ordinamento austriaco fu sostituito quello italiano, si aprirono nuove scuole, rese più facili molte vie di comunicazione, istituita una biblioteca a Sondrio, stampato un settimanale “ La Valtellina”, introdotto il nuovo sistema metrico decimale.
Nella sostanza si manifestò un’apertura culturale, grazie ad una nuova classe dirigente non più chiusa entro i confini di domini stranieri; emerse e prevalse la coscienza che il riscatto storico della Provincia potesse manifestarsi solo entro il processo di unificazione nazionale; le Valli dell’Adda e della Mera riuscirono a muoversi dalla loro secolare solitudine montanara ed inserirsi entro un circuito economico e culturale più vasto.
E’ sintomatico che, nel clima di questa nuova cultura, nello spirito di unificazione che contagiò buona parte del territorio italiano , fu facile far prevalere la ragione dell’opposizione quando, proprio nel 1861, Chiavenna chiese di staccarsi dalla Valtellina e di unirsi a Como, formando un circondario con altri Comuni dell’Alto Lago; prevalse, dall’alto, la ferma opposizione e si disse che la separazione della Valchiavenna dalla Valtellina sarebbe stato un suicidio della Provincia.
Non fu così per gli Alpini Valtellinesi e Valchiavennaschi, rimasti uniti in unica bella Sezione solo per 47 anni, perché nel 1967 da Tirano affiorò e prevalse lo spirito separatista, trovando consenso dall’alto; non posso affermare che si consumò “ il suicidio”, ma fu sicuramente l’inizio di un periodo travagliato specie per chi ha sempre creduto, anche alla luce del 1861, la forza morale dell’unione; per noi Alpini Vatellinesi e Valchiavennaschi, l’unione dallo Stelvio allo Spluga.
Dovremo pertanto fare una riflessione, con umiltà e sincerità, quando ci ritroveremo insieme e canteremo l’ultima strofa dell’ Inno Nazionale….. … Uniamoci, amiamoci! L’unione e l’amore rivelano ai popoli le vie del Signore……; poiché la speranza è l’ultima a morire, l’occasione bellissima per l’inizio di un nuovo percorso, insieme, potrebbe proprio essere l’Adunata Nazionale di Torino.