Il discorso commemorativo di Warwarowka 2012
Ringrazio i miei due Presidenti, Del Martino, Leali che lo ha preceduto e il Capo Gruppo Luchina per aver desiderato che fossi io l’Alpino che concludesse la cerimonia, facendo una sintesi di tutti gli interventi che mi hanno preceduto; tento quindi di farlo, non certo con un discorso ufficiale che mi suona male, ma con qualche pensiero.
Pensieri di un Alpino che per motivi anagrafici non ha subito le pene della tragica avventura; mi rendo quindi conto che il mio dire sarà diverso, meno autentico di tanti altri interventi di bravi oratori, reduci, portatori di testimonianza personale, che si sono succeduti accanto a questo Altare ed in questa circostanza.
Fra i tanti ricordo solo alcuni nomi:
Peppino Prisco
Leonado Caprioli
Gino Azzola
Arnaldo Negri
Proprio quest’ultimo, in un’occasione come questa, mi ha consegnato un foglietto, con appunti a matita, che costituivano il diario della sua avventura, fra il 22 ed il 28 gennaio 1943, lungo una pista verso l’Ovest e che comprendeva anche Sheliakino e Warwarowka.
Sette giorni, per ognuno una sola annotazione a matita:
– combattimenti
– tormenta
– 27 ore di marcia
– combattimenti
– gelo
– combattimenti
– tormenta
Per tutti i giorni: feriti, morti,dispersi ovunque.
E’ una sintesi suggestiva, testimonianza terribile che sicuramente può essere confermata dai pochi Reduci questa sera presenti; testimonianza che io ritengo di estendere, simbolicamente, a tutti i fronte della guerra; così, ricordando il sacrificio del “Morbegno” a Warwarowka, ricordiamo tutti i sacrifici dei nostri Soldati in ogni circostanza, senza alcun distinguo, sino al ritorno della pace.
Ma anch’io posso dire qualcosa della guerra.
Nel 1943 avevo 11 anni, vivevo a Chiuro, frequentavo l’oratorio e quindi il Parroco, ero figlio del medico condotto del paese; a quei tempi essi erano i primi confidenti delle famiglie, specie nei momenti difficili.
Ricordo le attese, le sofferenze, le confidenze di alcune Mamme: da tempo non ricevevano la cartolina dal fronte; arrivavano i primi treni, ma erano il ritorno di alcuni soldati senza notizie dei loro compagni.
Così, giorno dopo giorno calava il silenzio anche per queste Mamme ed il loro dolore, silenzioso, dignitoso, diventava cruda realtà senza più alcuna speranza.
Purtroppo questo dolore si è rinnovato anche nei nostri tempi di pace; purtroppo altre Mamme hanno pianto sulle spoglie del figlio caduto in terra straniera ; ricordo, per tutte, la Mamma di Massimo Ranzani, il Capitano degli Alpini del Morbegno che era diventato amico di tanti Alpini di questa città.
Ecco, a questo punto mi piace far rivivere anche per voi che pazientemente mi state ascoltando il grande cuore della Mamma riportato in due momenti della cultura popolare:
– il disegno a carboncino di Giacomo Raimondi (La lunga macia verso l’ovest) che raffigura una Mamma nell’isba; la Mamma che prega per il proprio figlio soldato dell’esercito russo, impegnato quindi nella guerra contro gli Alpini; la medesima Mamma che apre la sua isba ad un nostro Alpino che le chiede aiuto.
– Il canto sardo del Venerdì santo, con la Madonna in pianto, ai piedi della Croce di suo Figlio; è la Mamma che nel canto ripetutamente si rivolge a noi tutti per dire: “non mi chiamate Maria, ma Mamma del dolore..”
Fra noi è ancora forte la presenza di qualche Reduce; sono pochi, sono anziani, alcuni ammalati e ci fanno tenerezza. Io stesso mi soffermo spesso con loro e li trovo frastornati per questo mondo che cambia così velocemente e bruscamente; avrei desiderato che un Bersagliere ed un Alpino delle mie parti , reduci e pieni di ricordi, mi avessero accompagnato in questa cerimonia; mi avrebbero confortato nel mio dire, ma non se la sono sentita proprio per motivi di salute.
L’ ineluttabile destino della vita li riduce sempre di più ed ogni volta per noi si chiude una pagine di storia; ogni volta rimaniamo colpiti da sentimenti di smarrimento, specie quando ci rendiamo conto che facciamo fatica a ricolmare quel vuoto con i valori rimasti saldi, in loro, per una vita intera:
– amicizia
– solidarietà
– serietà di intenti e di azioni anche nelle circostanze difficili
– determinatezza
Proprio quella determinatezza dimostrata dai Reduci Alpini del Morbegno nell’adempimento di un voto assunto in un momento difficile della loro avventura in Russia: chi di noi riuscirà a fa ritorno a casa dovrà impegnarsi a costruire una Chiesetta, al Dosso del Ronco, in ricordo di chi non ce la farà.
Ebbene, chi è ritornato, dopo qualche anno di pausa dovuta anche alle difficoltà dell’immediato dopo guerra, si è ricordato del voto ed ha unito Reduci Alpini, Reduci di altre Armi, Autorità del Comune, Autorità della Parrocchia, Famigliari di Caduti e Dispersi, Ha costituito un Comitato cittadino.
Erano i primi mesi del 1961 ed è doveroso, da parte mia, che fra tanti nomi, ne debba citare almeno alcuni:
Annibale Caccia Dominioni – il Sindaco
Edoardo Danieli – l’ Arciprete
Paolo Caccia Dominioni – il progettista
Gilberto Corti – il Presid.della sotto sez.ANA
Roberto Romegialli – il direttore lavori
Gilberto Del Nero –l’ impresario edile.
Il 21 ottobre 1962 il Tempietto è stato inaugurato.
Ha quindi 50 anni, è il Tempietto di tutti i Morbegnesi in ricordo di tutti i Caduti e Dispersi della città di Morbegno su tutti i fronti ed in tutti gli episodi della II^ guerra mondiale.
-118 nomi di Morbegno, riportati in ordine alfabetico, senza alcun distinguo;
– Altri nomi su Lapidi per i Caduti e Dispersi dei Comuni delle due Valli del Bitto.
In primis, il Tempietto è stato affidato alle cure di Ettore Macciolini, Battista Ciapponi ( il Bala), Gino Tarabini
Nella sua pubblicazione – Morbegno, i suoi Caduti, il suo Battaglione – Pinoli Cherubino ha ricordato questi
nomi come la sentinelle del Tempietto; io li ricordo come i custodi innamorati del loro sacrario, giardino della loro casa.
Ai nostri tempi il Tempietto è affidato alle cure del capo gruppo Luchina, del fido Cherubino, degli Alpini di Morbegno e di tutti i cittadini e loro Autorià.
E’ quindi grande la sensibilità di tutti i Morbegnesi, sensibilità e corale partecipazione che si rinnovano ogni anno proprio nei giorni di Warwarowka; sensibilità e partecipazione che costituiscono nota di speranza, di fiducia e di conforto fra tante note di buio e di indifferenza dei nostri giorni.
Ed ora ritorniamo a casa; forse per noi Alpini sarà prevista una tappa in qualche osteria, con qualche canto; è tradizione ed è bello che non venga meno questa tradizione!
Noi affidiamo tutti questi nomi al nostro costante ricordo
-ognuno con la propria storia,
-tutti uguali nella sofferenza sino alla morte,
-tutti uniti nell’abbraccio del Signore.
Lasciamoli nel silenzio e nel buio di questa notte, sotto le stelle, proprio quelle stelle che li hanno assistiti nell’ultimo sospiro.
Non disturbiamoli con l’applauso.
Lasciamoli qui al suono del Silenzio, forse riecheggiato anche in loro nell’angoscioso, ultimo pensiero alla casa, alla Mamma.
Avv. Piero Camanni
Presidente Onorario Sez. ANA di Sondrio